Patologia tumorale del Rachide


Le neoplasie vertebro-midollari sono eterogenee e possono interessare la componente ossea, le strutture nervose contenute al suo interno (midollo e radici spinali) o l'involucro che avvolge le strutture nervose (le meningi). 

Classificazione

Possiamo quindi distinguere diversi tipi di neoplasie che interessano il Rachide:

• tumori della componente ossea ovvero “tumori vertebrali primitivi”;

• tumori delle meningi (meningiomi spinali);

• tumori delle strutture nervose (gliomi, neurinomi,…);
  
• metastasi, che pur potendo presentarsi in ciascuna delle sedi sopraelencate, colpiscono solitamente la componente ossea, e vengono definite come “tumori vertebrali secondari”.

TUMORI VERTEBRALI PRIMITIVI e SECONDARI


Questi tumori colpiscono la struttura ossea vertebrale. I primitivi, rappresentano circa il 10% di tutti i tumori vertebromidollari.

Si tratta di patologie molto eterogenee e con diverso grado di malignità, con prognosi estremamente variabile, che possono localizzarsi nelle vertebra cosi come in tutte le altre ossa del corpo. I più frequenti sono gli osteomi osteoidi e gli emangiomi, entrambi benigni.

Fra i maligni il  plasmocitoma e i sarcomi. I tumori vertebrali secondari sono invece neoplasie a partenza da tumori originati in altre sedi, più spesso definiti con il termine di “metastasi”. Negli adulti, specialmente sopra i 40 anni le forme metastatiche sono circa 100 volte più frequenti dei tumori primitivi e colpiscono nel 90% dei casi il tratto toraco-lombare e nel 10% quello cervicale. Più del 50% dei pazienti con metastasi vertebrali presenta lesioni metastatiche plurime. La prognosi di questi pazienti è solitamente sfavorevole con un sopravvivenza media di circa 10 mesi. I tumori che più spesso determinano localizzazioni secondarie vertebrali sono quelli a carico di mammella e prostata, rispettivamente nel sesso femminile e maschile ma anche polmone, rene e colon.


Sintomatologia

Il dolore a carico del rachide rappresenta nella maggioranza dei casi il sintomo di esordio. Si tratta di un dolore che si esacerba nelle ore notturne e che peggiora nelle posizioni sotto carico. La sostituzione del tessuto osseo da parte del tessuto patologico può portare, infatti, a frattura della vertebra, anche in assenza di trauma. In caso d’invasione del canale spinale da parte della neoplasia, si potrà verificare una compressione midollare e delle radici nervose, con conseguente dolore a irradiazione radicolare (es sciatalgia), a cui si può associare anche un disturbo di sensibilità, una riduzione della forza e dei riflessi agli arti e deficit sfinterici.
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Diagnosi


La radiografia standard del rachide potrà evidenziare fratture patologiche e deformità del segmento colpito dalla malattia e indirizzare verso esami più specifici, rappresentati dalla TC e dalla RM. La TC, consente di visualizzare meglio l'interessamento della componente ossea, mentre la RM permette di valutare in modo preciso i tessuti molli cioè la neoplasia e il suo rapporto con le strutture nervose contenute all'interno del canale spinale, indirizzando il chirurgo circa la necessità e la tipologia di intervento chirurgico necessario. La diagnosi definitiva tuttavia può essere ottenuta solo tramite biopsia della lesione vertebrale, possibile sotto guida TC o con un campione ottenuto direttamente al momento dell’intervento. Nel sospetto di natura metastatica della lesione, potrebbero essere necessari approfondimenti (TC o RM toracica, addominale, distretto testa-collo), per escludere lesioni secondarie in altri distretti e giungere ad un'adeguata stadiazione della malattia.

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Terapia


La terapia delle neoplasie vertebrali può essere di tipo chirurgico o medico.

La chemio o radioterapia può essere utilizzata come unico trattamento quando la neoplasia abbia dimostrato di essere notevolmente radio-chemiosensibile o quando un intervento chirurgico debba invece essere escluso a causa di una grave compromissione generale del paziente.

Un'ampia percentuale trova però un'indicazione di tipo chirurgico, soprattutto quando la neoplasia determina una compressione delle strutture nervose con problemi neurologici.


La Chirurgia

L’approccio chirurgico può essere vario, ma si pone sempre gli stessi obiettivi: la rimozione del tumore, la decompressione delle strutture nervose, se necessario, ed il mantenimento della stabilità della vertebra operata, potendosi rendere necessaria una stabilizzazione vertebrale. Tuttavia spesso in pazienti anziani o compromessi questa via chirurgica non è percorribile a causa dell’elevato rischio operatorio. In questo caso il trattamento è di tipo palliativo e ha come obiettivi principali l’ottimizzazione del controllo del dolore, la conservazione o il ripristino delle funzioni neurologiche e della deambulazione, il mantenimento della stabilità vertebrale, il controllo locale del tumore e il miglioramento della qualità della vita.

Tecniche Mini-invasive

Negli ultimi decenni si sono evolute numerose tecniche mini-invasive con questo obiettivo, che offrono una rapidità di applicazione che ne rende possibile l’esecuzione in anestesia loco-regionale con notevole riduzione del rischio peri-operatorio. Fra queste il Sistema di Ablazione a Radiofrequenza associata a Vertebroplastica. Grazie all’utilizzo di un elettrodo di minimo spessore, inserito nel corpo vertebrale per via percutanea tramite una piccola incisione (2-3mm), e percorso da corrente elettrica alternata si genera energia termica (70°C) e quindi la necrosi/distruzione della lesione tumorale. A ciò fa seguito un'iniezione intrasomatica di cemento che garantisce stabilità e riduzione del dolore immediata e duratura nel tempo.
La durata della procedura è di circa 35-45 minuti per ogni livello vertebrale trattato.  Al paziente viene richiesto di restare disteso a letto nelle successive quattro ore e la degenza necessaria per la procedura è solitamente di 2-3 giorni con rapido recupero.